Il bullismo nel 1976

Written by

Estate 1976 (ultimi giorni di Giugno)

Avrei tanto voluto iscrivermi al Liceo Classico della mia città, ma ubbidii a mio padre che sia pure in indubbia buona fede asseriva che un istituto tecnico era più adatto,  per via della sua azienda e del fatto che avrei potuto fare a meno dell’Università, se avessi voluto. Il primo anno andò avanti in modo più o meno tranquillo, anche se  “Non sapevo che in quella scuola sarei  stato vittima di qualcosa di terribile ”, in ogni caso voglio specificare che la persecuzione era già cominciata sia pure in forma strisciante e più di qualche episodio di vessazione era già iniziato come insulti, e quant’altro (da me rimossi già allora e stupidamente trascurati). Ero già stato preso di mira, puntato.  Alla fine del primo anno io avevo 15 anni.  Mi recai a scuola per apprendere  l’esito dell’anno scolastico, ” A leggere i quadri” come si diceva allora (era il giugno del ’76). Un mio compagno di scuola molto più scafato di me, mi chiese se il pomeriggio ci saremmo potuti vedere per uscire insieme. Non immaginavo neppure lontanamente ciò che quel piccolo depravato avesse in mente. Comunque sia, essendo coetanei ed essendo io crudo, bambinone, mi fece letteralmente oggetto di alcuni giochi erotici che continuarono successivamente all’aperto in un bosco prospiciente il centro abitato. Anche perchè, fummo beccati dalla madre di questo tizio. Con lucidità ricordo bene, che quando venimmo cacciati dalla madre del tizio io volevo andarmene per conto mio, beato me se avessi agito con aggressività, ma avevo la mente confusa dall’accaduto. Mi si appiccicò addosso (precedentemente mi era saltato addosso) e non mi mollo più fino a quando non completò il suo sporco progetto ( se ho delle colpe, le ho comunque strapagate). Nel tragitto da casa sua al bosco incontrammo poi un altro compagno di scuola, ripetente, bullo consumato, ricco e viziato e anche un tantino delinquente (secondo me in combutta con il tizio), negli anni a venire questo figuro è finito anche in carcere per droga e altro. In ogni caso con quest’ultimo in quel frangente ci si scambio qualche parola e basta. La serata finì nel boschetto dove l’ “opera” ebbe compimento.

Immagine correlata

Ottobre 1976

L’inferno vero comincia in autunno, esattamente in Ottobre.  Quando all’appello l’insegnante pronuncia il mio nome, un compagno di classe dice a voce alta:  Il mio cognome sostituendo la r con la v, scimmiottando la mia parlata. – Ho un difetto di pronuncia da quando sono nato, non marco la erre. Niente a confronto delle molestie o meglio tormenti che iniziai a subire quotidianamente. Troppe per ricordarle tutte. Mi rubavano le cose, e non solo i “miei” bulli, ma anche gli altri compagni di classe e delle altre classi della scuola. “Ero diventato la puttana della scuola, se andavo in bagno ero fortunato se non incontravo nessuno, e avevano imbrattato le porte e i muri dei bagni di scritte e disegni pornografici con il mio nome “. Succedeva anche di sentirmi palpare il sedere quando eravamo in fila. “Una stronza di  professoressa di italiano mi  disse che la colpa dei miei problemi era mia: perché la mia erre moscia era un vezzo che dovevo togliermi”. In quegli anni Settanta, e l’espressione “bullismo omofobico” non era mai stata pronunciata. Ma tengo a sottolineare che io all’epoca avevo la mente orientata a ben altri pensieri che sentirmi o non sentirmi gay. Posso dire che mi prendevo le cotte mai ricambiate ma per le ragazzine, mi sentivo sempre inadeguato, grasso, goffo, sognatore e di certo non maschiaccio. Quale colpa potevo avere se ero sicuramente diverso da un contesto classe che era rozzo, grezzo, un’accozzaglia di teppistelli  stupidi, ignoranti e chi più ne ha più ne metta? Ogni giorno erano schiaffi, calci e a spintoni, a scuola ero un ragazzo sempre solo, quello di cui sparlano, mi umiliavano e mi facevano più male che potevano per farmi piangere, ma io non piangevo mai per loro, non piangevo affatto “.  Io non ero un “ragazzino effeminato”  presumibilmente omosessuale (a quel tempo la parola “omosessuale”  tanto meno la parola “gay” non si usava nel 1976 si diceva “ricchione”). Ero semplicemente un ragazzino troppo educato e studioso per capitare   disgraziatamente in un contesto di elementi presumibilmente umani che è offensivo per gli animali definire  “bestie”.

Risultati immagini per bullismo omofobico

Il BULLISMO OMOFOBICO  consiste in azioni deliberate finalizzate a emarginare, deridere o denigrare un compagno o una compagna di scuola, in quanto omosessuali o presunti tali, magari perché lui è “troppo” effeminato o lei è “troppo” maschiaccia. Spesso ricorrendo alla violenza verbale e fisica. Colpisce dimensioni nucleari dell’individuo, come l’identità sessuale e di genere, e mette la vittima nella condizione di aver paura di chiedere aiuto: se lo fa, infatti, inevitabilmente richiama l’attenzione sulla sua sessualità, rinnovando sentimenti di ansia e di vergogna, e il timore di deludere le aspettative sociali. Poi, si sa, molti non si sentono di difendere i gay: “E se poi pensano che lo sono pure io?”.
È un modo di perpetuare il dominio di chi si crede ed è creduto forte su chi è creduto, e troppo spesso si crede, debole. Ed è il risultato di un disagio psichico e relazionale del bullo o, sempre più spesso, della bulla, un bisogno infelice di affermare la propria normalità. Cosa dice la ricerca scientifica sul bullismo omofobico? Che i suoi effetti possono essere gravi e a lungo termine, fino a comprendere disturbi post-traumatici, ansia, depressione, ideazione suicidaria. Quest’ultima è tanto più frequente quanto più è forte il rifiuto da parte della famiglia o dell’ambiente scolastico. Al contrario, sono fattori protettivi un clima familiare positivo, il senso di sicurezza a scuola, la possibilità di contare su adulti amorevoli e rispettosi dei percorsi, più o meno travagliati, di coming out. Un passaggio evolutivo, quest’ultimo, che il più delle volte favorisce l’autenticità delle comunicazioni e la crescita delle relazioni, rinnovando la sincerità dei legami familiari e sociali.
Il bullismo omofobico rimane un fenomeno difficile da contrastare, soprattutto in Paesi come il nostro dove l’educazione alla sessualità e all’affettività non rientra nei programmi formativi e non sempre incontra il favore dei dirigenti scolastici. A volte gli insegnanti non si sentono legittimati, o semplicemente preparati, a parlare di (omo)sessualità. Spesso i problemi nascono per una parola di troppo, ma talvolta anche per una parola di meno. Un silenzio che può essere vissuto come una forma di non accettazione e finisce per rafforzare i sentimenti di vergogna e inadeguatezza. Spingendo alla conclusione che, per non essere emarginati e discriminati, tutto sommato è meglio nascondersi.

Giù nell’abisso……..

Disgraziatamente, in un giorno di quell’ Ottobre del ’76, uscimmo da scuola circa alle 11,00 per qualche motivo interno a quella sciagurata Istituzione Scolastica.

Il tizio e il bullo del Giugno precedente mi avevano puntato da qualche giorno, ed ero già oggetto di minacce da parte loro dicendomi che se non avessi soddisfatto le loro luride richieste, avrebbero mandato a mio padre delle foto scattate con una Polaroid a riguardo di ciò che era successo nel boschetto. Mi terrorizzarono, la cosa era verosimile. Aggiunsero particolari a riguardo delle presunte foto che ometto per decenza e a loro dire specificarono che il mio viso si vedeva benissimo, e la Polaroid il bullo ricco ce l’aveva davvero, perchè l’aveva diverse volte portata a scuola l’anno precedente. In ogni caso io le foto non le vidi mai. Ma vidi una busta chiusa con l’indirizzo di mio padre scritto sopra.

Ebbi paura, cedetti alle loro richieste e fu per me come cadere in un baratro, un abisso la cui risalita “forse” è terminata solo poco tempo fa. I sensi di colpa hanno tormentato la mia esistenza per un tempo che mi è sembrata un’eternità, la mia vita è stata rovinata per sempre, ha compromesso gli anni successivi, la mia adolescenza, i rapporti sociali. Non ho saputo per anni chi  fossi realmente, la mia identità compromessa,  mi sono portato dietro un macigno, una croce pesantissima sotto cui più volte sono caduto.

Quel giorno fui portato da entrambi nel sottoscala del condominio in cui abitava il bullo ricco, il tizio se ne andò subito.

 Mi aveva “consegnato”….! 

Il locale era ampio, senza finestre, pieno zeppo di vecchi mobili, masserizie varie. Aleggiava odore di chiuso e di polvere. La prima cosa che colpì il mio sguardo fu una branda con delle vecchie coperte buttate sopra. Eravamo soli, io e lui, a un certo punto mi dice la parola fatidica: “togliti i pantaloni e sdraiati!!”.  Con riluttanza come una pecora al macello faccio quanto detto. Non contento mi dice: “girati!”.

Io mi giro, sento il suo sesso che si appoggia. Non ce la faccio, mi dico, no, non ce la faccio. Allora glielo dico: guarda, mi spiace, non ce la faccio, non voglio, non ho voglia, non me la sento. Ci ho ripensato, lascia stare.
Non mi sta a sentire e mi penetra con un colpo secco. Mi fa un male da morire, sanguino. Mi sbatte con forza, io continuo a chiederle: basta, per piacere, basta, quasi piangendo.Io ero un ragazzo grande e grosso,  e anche se lui era più grande e più grosso di me avrei potuto reagire, avrei potuto staccarmelo di dosso, perfino menarlo. Fare a botte, far casino. Pensai che sarebbe finita presto, che forse tutto sarebbe finito lì, la paura della “soffiata” a mio padre mi bloccava costringendomi a subire quella vera e propria tortura. Ma è anche vero che quando ti stanno stuprando non riesci a reagire con la violenza, io non ci sono riuscito.
Ha continuato ad andare avanti a stuprarmi, mi faceva malissimo, non mi piaceva e continuavo a pregare: basta, smettila, esci, mi fai male.
E’ andato avanti finché non è venuto, poi è uscito tutto contento e dicendo: hai visto che bello che è stato?
Risultati immagini per stupro omofobicoIo da quel momento ho vissuto con la memoria di avere subito uno stupro da parte di un compagno di scuola bullo a cui io ho permesso di abusare di me, con il senso di colpa  per non avere reagito. E’ una sensazione molto difficile da accettare, perché è come se dentro mi sentissi che in verità l’avevo voluto io. Poi ci ripenso e dico: No, non è vero! Io non l’ho voluto, sono stato stuprato! E mi sento in contraddizione con me stesso, perché mi dico anche: ma se non volevo, perché non ho semplicemente dato un pugno a quella persona? Perché non mi sono avventato su quel maiale? A qualunque costo!

Risultati immagini per renault 4 rossaIl senso dello stupro penso sia anche in questo. Che a volte non riesci proprio a reagire, è anche la testa che viene stuprata, non solo il corpo. Ti senti sottomesso, ti senti impotente, anche se fisicamente potresti fare qualcosa non ce la fai.
E questo ti dà, oltre al dolore fisico dello stupro in sé e al dolore psicologico di essere stato usato contro il tuo volere, anche un immenso senso di colpa per non essere riuscito a fare qualcosa. Ero un ragazzino fondamentalmente timido, insicuro e pauroso per molti aspetti.
Risultati immagini per renault 4 rossaFu l’inizio della fine, dopo qualche giorno anche l’altro (il tizio),  insieme al bullo maiale abusarono ancora una volta di me, questa volta in un locale nel centro storico, prima l’uno e dopo l’altro. Dopo quella volta il bullo maiale non mi tocco più in questo senso, ma mi dava il tormento in classe con schiaffi, spintoni e per strada inseguendomi con amici suoi a me sconosciuti, che mi insultavano con parole e gesti osceni, il ricordo (l’incubo) di una Renault rossa mi ha tormentato per mesi.

Fuga

Il “tizio” ebbe su di me un’azione di plagio, continuava a minacciarmi con la storia delle foto. Cedetti a lui diverse volte. A scuola le violenze verbali e fisiche continuavano, feci un sacco di assenze. Di nascosto ai miei genitori me ne andavo in giro. A scuola non volevo andare. Il bullo maiale ci provò un’altra volta, ma riuscii a scappare quel giorno, mi nascosi fortunosamente in un localino del Tennis Club rimasto aperto, entrai e chiusi la porta sull’esterno, li sentivo che dicevano in dialetto: “addo’ cazz  a’ sciot c’dd ricchion!” (dove c…. è andato quel ricchione!). Rimasi chiuso in quel bugigattolo per un’oretta, fino a quando fui sicuro che erano andati via. Quando uscii di lì, andai a casa mia di corsa, con il fiato in gola!

Risultati immagini per paura di non avere vie di fuga

Risultati immagini per occhi bendatiQuesto inferno andò avanti in tutto da Ottobre a Marzo.  Anche il tizio finì di fare i suoi porci comodi con me, quando una bella mattina, un supplente di educazione fisica (sicuramente un angelo mandato dal buon Dio) la cui identità mi è rimasta ignota, volle portare la classe fuori, nella villetta prospiciente la scuola. Ancora una volta venni messo in mezzo, chi con schiaffi, chi con calci e chi con spinte, compivano ciò che per loro era diventata un’abitudine e il loro passatempo preferito. Il culmine venne raggiunto quando mi presi una botta di  in testa con un grosso vocabolario, la botta mi stordì,  stavo  svenendo. Questo schifo di scena si svolse sotto gli occhi del supplente, il quale intervenne (l’unico docente dotato di coscienza). Non fu la scuola ad agire,  ma non credo affatto che nessuno non si fosse accorto ciò che stava succedendo. All’epoca su queste cose si preferiva chiudere gli occhi.

La resa dei conti

Tornai a casa.  Nel pomeriggio mio padre mi chiama dal lavoro ( ricordando mi vengono i brividi ancora oggi che ho ormai 56 anni e mio padre è in cielo), dicendomi: “Vengo a prenderti, io e te dobbiamo parlare!” – quando mio padre faceva così, io tremavo. Nell’ufficio della sua azienda mi fece sedere, lui era dall’altra parte della scrivania e mi disse: “Mi fai vergognare!” – mio padre era così, duro, a volte crudele,ma ripeto era il suo modo di essere e di sicuro era in buona fede. Ho impiegato tre quarti della mia vita per capirlo. Ora lo capisco! Mi disse che una signora, una donna di cui lui stesso non aveva voluto sapere il nome, gli aveva raccontato tutto ciò che la mattina era successo a scuola. Sicuramente per spingermi a reagire pur non alzandomi un dito (mio padre era manesco!) mi riempi di epiteti e rimproveri fino ad umiliarmi profondamente. Mi chiese i nomi dei miei aguzzini, e io li diedi, tranne uno, quello di tizio (oggi me ne vergogno) in effetti lo stronzo (il più colpevole di tutti) non aveva mai usato una vera e propria violenza fisica contro di me, io ne ero soggiogato. Infatti impiegai più tempo a liberare la mia mente da lui. Ne riuscii a dire a mio padre di essere stato stuprato. Ne ero stato sedotto, quel tizio era un demonio, perchè da lui ebbe origine il mio inferno. Mio padre era molto amico di un maresciallo di polizia, una bravissima persona che conoscevo anche io. Seppi dopo che aveva  parlato con lui.  Quando con l’anima a pezzi ritornai a casa (su questa sventurata faccenda non ho mai versato una lacrima) mi misi a letto, quella notte non chiusi occhio per il dolore psicologico, per la vergogna, per la disgrazia di essere nato e del come ritenessi in quel frangente sciagurata la mia vita. Erano gli ultimi giorni di Febbraio, era Carnevale  me lo ricordo perfettamente.

Risultati immagini per la misura è colma

Quando la rabbia esplode……….

Immagine correlataRisultati immagini per immagini di rabbiaIl mattino dopo, come entrai in classe per andarmi a sedere al mio banco (gli insegnanti tra supplenze e sostituzioni non c’erano mai), mi venne tolta la sedia a mò di scherzo. Caddi di sedere a terra. La rabbia e la violenza che sentii montare in me la sento ancora adesso, a quarant’anni di distanza. Ciò che successe lo descrivo come meglio posso. La mia mente in quei momenti era come oscurata, non ragionavo più. Vedevo rosso, il mio sangue gridava vendetta. La prima cosa che feci come mi rialzai da terra fu di prendere la sedia e di scaraventarla addosso a chi ora non ricordo, so solo che lo presi e gli feci male. Poi mi scagliai con tutta la rabbia che avevo in corpo contro il bullo maiale, ricordo che lo sbattei sul muro e gli diedi un calcio molto forte ai genitali perchè lo vidi piegarsi in due dal dolore. Mi ritrovai addosso un sacco di persone che mi buttarono a terra, non so cosa volevano farmi (forse spogliarmi!!?- il ricordo mi riporta questo). Io mi dimenavo come se fossi posseduto, probabilmente di più, in quanto mi liberai quando addentai un braccio e lo strinsi al punto da farlo sanguinare, ricordo la carne del braccio viola per il livido  e  rossa del sangue che il mio morso procurò. Il malcapitato urlò di brutto e  mi mollarono tutti, nessun insegnante si accorse del caos che si scatenò in quella classe durante quella mattina. Doveva essere però o un martedì o un giovedì grasso. Ricordo solo che quando un insegnante entrò con il maresciallo di polizia – amico di mio padre, eravamo tutti seduti ai banchi. L’insegnante pronunciò i nomi di coloro che io avevo “denunciato” a mio padre chiamandoli in presidenza. Erano circa una decina, stettero un bel pò di tempo, prima di tornare in classe.

Risultati immagini per renault 4 rossaFino alla fine dell’anno venni lasciato in pace,  anche se per strada dovevo comunque stare attento. Quando vedevo una Renault rossa,  cambiavo strada, mi terrorizzavo.

Adolescenza GRIGIA e le estati  pure

Immagine correlata L’estate successiva cambiai scuola, andai a iscrivermi in una scuola di un altro paese, splendida decisione di mio padre. Mi accompagnò mio padre. Ricordo che anche se ero felice di cambiare scuola, avevo una tristezza  interna sconfinata. Ero  traumatizzato, devastato.  Come se per me l’estate non esistesse. Se non fossi stato bullizzato (e stuprato) quella e anche quelle successive sarebbero state estati stupende. Avevo 15 – 16 anni, specie in quegli anni il tempo d’estate è tempo di vacanze, di feste, di mare. Chi è vittima di bullismo ha un rapporto di amore-odio con questa stagione. Io sono nato di estate e l’ho odiata per anni.

In quell’anno scolastico 1976/77  quei nove mesi d’inferno mi sembrarono un’eternità. Attesi  impaziente  sopportando l’inferno e pensando alla serenità che avrei respirato una volta finita la scuola. Dopo la “Resa dei conti” di quella mattina di Febbraio, cominciai a crearmi delle aspettative legate all’estate.  Pregustavo la libertà nella speranza di ritrovare in  me stesso la pace che avevo perso.   Poi iniziai a pensare al mare e una strana ansia mi assaliva…….

Risultati immagini per vergogna della nuditàPer chi subisce il bullismo e nel mio caso anche altro… l’idea di spogliarsi è una tragedia,  lo è anche oggi a 56 anni.   A 15 anni il solo pensarmi “nudo” a mare mi procurava ansia, insicurezza – mostrare il mio corpo a sconosciuti, a coetanei più belli, più magri e più “perfetti” di me, mi faceva tremare. Avrei preferito sciogliermi sotto il sole e disperdermi nel mare. Era come se insieme al mio corpo venissero mostrate le mie ferite interiori, le mie debolezze la mia anima dilaniata. Vulnerabile e nudo avrei avuto tutti gli occhi puntati addosso come riflettori, e tutti a ridere, a giudicare. In fondo pur essendo estate, preferivo star da solo, a leccarmi le ferite. Vivevo una profonda vergogna, mai avrei sognato di stare al centro dell’attenzione.

Risultati immagini per zoloftRisultati immagini per triste adolescenzaQuanto mi era stato fatto venne coperto dal silenzio, procurandomi un malessere nascosto e profondo. Io sono stato bullizzato e stuprato.  I miei anni migliori, quelli da adolescente sono stati come giornate senza sole, li ho vissuti comunque. La scuola che ho frequentato dopo, era splendida, sotto ogni punto di vista. Anni che mi sono goduto studiando, in cui sono nate amicizie splendide che ci sono ancora nella mia vita. Ma è un merito che in modo presuntuoso me lo prendo tutto. Lo devo soltanto e  unicamente a me stesso e a Dio che mi ha dato carattere, forza, coraggio e voglia di vivere. Mai, a differenza di quanto accade oggi ai ragazzi che subiscono quanto ho subito io, ho pensato al suicidio. Ancora oggi sono bulimico, ancora oggi non accetto il mio corpo (probabilmente è una fissazione al passato), sono finito due volte dal neuro-psichiatra. Ho avuto seri problemi di identificazione sessuale,  ho vissuto stagioni della mia vita nel caos psico-sessuale, ma ne sono uscito fuori alla grande, con la vittoria in pugno sui miei demoni interiori messi in catene. Mai una lacrima, mai un tentativo di suicidio. Questo posso gridarlo. Anche se quando pur con fatica andavo a una festa, la mia vita rimaneva vuota, nell’angolo. Mi prendevo le cotte, ma  “io, che tutti mi ritenevano gay” come avrei potuto dichiararmi. Eppure qualche volta ci ho provato, anche se mai nessuna, chissà perchè mi ha detto sì.

Risultati immagini per dioAnche se è durato in tutto circa un anno, il 1976/77, rappresenterà per sempre una orribile stagione  della mia vita, un periodo buio, violento, sporco, qualcosa che ricorda l’inferno. Ho conosciuto  successivamente l’amore fisico con una donna  è durato qualche anno,  poi la storia è finita. In qualche modo è servita.

Per sperimentarmi!!!!

Ciò che mi ha veramente salvato è l’amore, quello più grande di tutti:

Dio

Last modified: 11 Maggio 2020